A cura del Dr. Massimo Mapelli
Nella società di oggi possiamo notare come sempre più un maggior numero di ragazzi non si senta a suo agio con il proprio corpo, abbia difficoltà nelle relazioni sociali sentendosi sempre non all’altezza, scappando di fronte a qualsiasi problema, senso di insicurezza con una bassa autostima e soprattutto, quello che è più preoccupante, è il sentirsi soli e avere la
consapevolezza di questa solitudine. Ad aggravare questa situazione è il territorio di riferimento, che in questi casi è rappresentato dai quartieri di periferia, caratterizzati da scarsità di opportunità educative e dalla presenza di situazioni estremamente problematiche con gravi situazioni di marginalità sociale e rischio di devianza. Anche Il “ fenomeno migratorio” è diventato una realtà: la presenza di immigrati extracomunitari nel tessuto sociale milanese con situazioni di isolamento e difficoltà di integrazione è sotto gli occhi di tutti. Nel caso dei minori stranieri, da parte dei genitori, si può manifestare un diffuso senso di inadeguatezza nel comprendere e sostenere i compiti evolutivi del proprio figlio, non sapendo cogliere i loro segnali di difficoltà nell’integrazione.
Esistono molti casi in cui le famiglie sono monoparentali sostenute in prevalenza dalla madre. La mancanza di un partner educativo in famiglia può essere evidentemente un fattore problematico significativo. Per tutti questi casi la risposta che serve, quella più incisiva, è una maggiore attenzione e sensibilità da parte di tutte le strutture sociali per cercare di creare un clima più aperto e solidale soprattutto nell’ambiente scolastico dove diventa più semplice per un ragazzo instaurare relazioni stabili con i pari e significative. Sono del parere che gli allievi, per esprimere al meglio le loro potenzialità, hanno bisogno di vivere le loro esperienze formative in ambienti ricchi di rapporti interpersonali positivi, colmi di amorevolezza e di sicurezza. Per Weinstein solo in un ambiente scolastico pregno di umanità è possibile offrire tutto ciò che la condizione di alunno richiede, ed è per questo che egli sottolinea con forza, la necessità dell’insegnante nel mostrare ai propri allievi attenzione, rispetto, accoglienza, sensibilità per le preoccupazioni dei singoli, rettitudine e onestà nel proprio operare. Per questo è fondamentale, che in una fase come quella adolescenziale a fronte di quei fattori esterni che incidono su di essa, sia presente almeno un adulto significativo in grado di saper ascoltare e mostrare al preadolescente una serie di atteggiamenti e strumenti per affrontare il mondo. Per sostenere il giovane nel compito educativo di considerare, come sosteneva Heidegger, la possibilità superiore alla realtà, l’adulto significativo deve essere in grado di ascoltare sé stesso per essere più capace ad ascoltare anche l’altro.
L’insegnante di scienze motorie, proprio perché opera con gli adolescenti in spazi speciali, rispetto alle aule, come la palestra, i campi all’aperto o la piscina, è in grado, con un’osservazione attenta, di avvertire i segnali del malessere giovanile e attuare strategie per superarli. È facilitato nel comprendere e affrontare anche le problematiche relativi a disagi e all’aggressività e sa cogliere, attraverso le manifestazioni del corpo, quelle sfumature, quelle relazioni, quei conflitti più o meno manifesti che caratterizzano i propri studenti. Attraverso l’educazione al movimento, all’attività motoria, al gioco, allo sport possiamo cercare di aiutare l’adolescente nel suo sviluppo psicofisico, sociale, spirituale ed emotivo. Sfruttando quel sano agonismo, quella leale competizione e di conseguenza l’alternanza di vittorie e sconfitte ogni allievo può sperimentare, migliorare, valutare le proprie capacità come quella di affrontare in modo creativo ogni genere di situazione, governare le tensioni, prendere decisioni, risolvere problemi, comprendere gli altri, leggere dentro di sé e interagire e relazionarsi con gli altri. Le sensazioni condivise e le forti emozioni che può produrre una partita vinta insieme rappresentano dei vissuti irripetibili estremamente formativi perché stimolano i giovani non solo a giocare con lealtà e sportività ma anche a vivere secondo il vero spirito di fair play.
Durante il gioco, nella competizione, i ragazzi si sentono vivi e riescono ad esprime la propria personalità. Il vivere e l’affrontare i contrasti e i litigi rappresenta un momento importante per lo sviluppo personale. È fondamentale che tutto ciò avvenga nel rispetto dell’altro così facendo si possono costruire relazioni e legami significativi leali e sinceri soddisfacendo così il desiderio degli adolescenti di stare insieme e di sentirsi appartenenti ad un gruppo. Educando al movimento, costruendo le giuste attività, sottolineando le potenzialità e il valore socio-educativo insito dello sport, possiamo far apprezzare i valori della vita e motivare i ragazzi al raggiungimento dei loro obiettivi, al sacrificio, alla lealtà, e al rispetto dell’avversario. Quest’ultimo, in realtà, deve essere visto come un valido aiuto per superare i nostri limiti, nel dare il massimo e a rispettare, ascoltare e aiutare i propri compagni. Questo porta all’acquisizione della fiducia in sé e nell’altro facendoci scoprire le nostre qualità e a soddisfare i nostri bisogni di sicurezza.
Attraverso la conoscenza del proprio corpo abbiamo la possibilità di riconoscere le emozioni interiori saperle gestire ed essere in grado di viverci nella propria unicità. Acquisendo la consapevolezza di sé e della propria personalità, possiamo affrontare tutto quello che ci circonda, senza nessuna paura e timore di sentirsi inadeguati o non all’altezza. Soprattutto questo risulta fondamentale in una età come quella prea-dolescenziale, dove emerge il modo del possibile, permette di proiettarsi verso una progettualità di vita, ma contemporaneamente rivela tutte le problematicità del mondo in cui viviamo.
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